Life on the Farm (A)

     Something Weird – Concorso

A Life on the Farm

di Oscar Harding

UK, 2022, 75′
Sceneggiatura: Oscar Harding
Fotografia: Edward Lomas
Montaggio: Hannah Christensen
Musica: Sam Paul Toms
Interpreti: Charles Carson (sé stesso, filmati d’archivio), Oscar Harding (sé stesso), Derrick Beckles (sé stesso), Lehr Beidelschies (sé stesso), Karen Kilgariff (sé stessa), Thomas Lynch (sé stesso), Nic Maier (sé stesso)
Produzione: Oscar Harding, David Lee Hawkins, Edward Lomas, Dominik Platen per Sonderbar Pictures
Distribuzione: Sonderbar Pictures

Italian Premiere


Charles Carson è un fattore di Somerset, in Inghilterra, e nel corso di 20 anni ha realizzato una serie di filmati amatoriali sulla sua vita, sui suoi hobby e sulla morte che lo circonda. Questa è la sua storia.

Note di regia:
Abbiamo cercato di essere affettuosi e celebrativi. Inizialmente occorre accettare l’idea di ridere di lui, non ha senso cercare di nasconderlo. Ecco perché abbiamo costruito l’introduzione come un generico documentario di stile true crime di Netflix, per allinearci a ciò che la gente si aspetta. All’inizio può sembrare un po’ meschino, ma è un approccio necessario per poi approfondire quest’uomo e capire la profondità emotiva [della storia] e tutto quello che stavamo scoprendo.
Ci siamo assolutamente innamorati di lui come persona e abbiamo davvero ammirato tutto ciò che lui faceva, della cura che ci metteva, come un artista che aveva preso questa cosa del filmare dannatamente sul serio e la portava avanti.
(Oscar Harding, da The Curb)

Oscar Harding
Ex giornalista di cinema, ha lavorato su svariati progetti che vanno dalla realtà virtuale ai documentari, coprendo poi differenti mansioni: regista di spot pubblicitari, produttore, attore, compositore e addetto al marketing e alla distribuzione. In questo campo ha lavorato sul celebre Theeb, vincitore del Bafta e candidato all’Oscar. A Life on the Farm è il suo primo lungometraggio.

La critica:
Al di là della schietta vicenda (reale o presunta) che il documentario vuole portare avanti, colpisce il lavoro sul linguaggio: dall’estetica VHS, che diventa finestra sul personalissimo mondo di Charles Carson, alla cornice documentaristica, ai filmati stessi in cui la vita, la morte, il fumetto e il cinema si mescolano in una sarabanda tragica, ironica e allo stesso tempo anche tenera. A Life on the Farm diventa così l’occhio indiscreto su un’esistenza che appare squallida e nei passaggi migliori sembra un retroscena nella vita di un Ed Gein o un Leatherface che alla motosega ha sostituito la videocamera. Ma, nella sovrastutturazione causata dalla messinscena, dalle bizzarre coreografie con scheletri e cadaveri, e dalla sgranatura delle immagini, il film (e il personaggio) trova non solo una sua verità, ma anche un disincanto sereno verso lo spettro della morte. Carson mette insomma in scena la morte con naturalezza, lui che morto lo è già, fantasma dalle visioni di un supporto ormai sepolto, in un percorso di ammirevole coerenza.
(Davide Di Giorgio)