Death House

     Slasher Story

Death House

di Theodore Gershuny

deathhouse(Silent Night Bloody Night)
Usa, 1972, 82′
Sceneggiatura: Jeffrey Konvitz, Ira Teller, Theodore Gershuny
Fotografia: Adam Giffard
Montaggio: Tom Kennedy
Musica: Gershon Kingsley
Scenografia: Henry Schrady
Costumi: Bill Christians
Interpreti: Mary Woronov (Diane Adams), Patrick O’ Neal (John Carter), James Patterson (Jeffrey Butler), John Carradine (Charlie Towman), Astrid Heeren (Ingrid)
Produzione: Ami Artzi, Jeffrey Konvitz per Armor Films Inc./Cannon Productions/Jeffrey Konvitz Productions/Zora Investments Associates
Distribuzione: Opium Visions

Durante la notte di Natale del 1950, la villa di Wilfred Butler è teatro di un brutale omicidio, destinato a restare insoluto. Quando venti anni più tardi la proprietà viene messa in vendita, le oscure presenze di quella notte sembrano tornare a uccidere. La giovane Diane Adams, indagando sul mistero, porterà alla luce la verità che le autorità avevano preferito nascondere.

Nota del distributore
Un thriller allucinato e underground che ha anticipato il filone slasher, influenzando classici come Black Christmas e Halloween. Girato nel 1970 ma uscito solo nel 1972, con il titolo alternativo Silent Night, Bloody Night.

Theodore Gershuny
Nato a Chicago il 30 Ottobre del 1933, è stato un regista e scrittore. Fra i suoi libri “Soon to Be A Major Picture”, sulla realizzazione di Operazione Rosebud di Otto Preminger. Al cinema invece lo si ricorda per una breve stagione di thriller e horror negli anni Settanta, con titoli quali Kemek (1970), Sugar Cookies (1973) e Death House (1972). È scomparso il 16 Maggio del 2007 a New York.

DEATH HOUSE

La critica
Se lo stile di Gershuny è al contempo grezzo ma non privo di finezze (si veda l’incipit, l’utilizzo della soggettiva o il lungo flashback virato in seppia), capace di donare al film il giusto clima allucinato, senza mai un calo di tensione, uno degli aspetti che colpisce maggiormente ancora oggi risiede nella lettura antropologica e sociale dell’America di provincia, rappresentata come vero e proprio serbatoio (o riserva) di un’umanità scomoda condannata a venire sepolta nelle zone d’ombra della Storia. Un Paese che trova i propri padri fondatori nelle vittime e nei folli, ennesima dimostrazione delle capacità evocative di un genere che stava progressivamente abbandonando la componente gotica classica del passato per cercare di raccontare la realtà (o quantomeno una realtà) attraverso il filtro sporco e scomodo dell’orrore.
(Giacomo Calzoni, Sentieriselvaggi.it)